

L’intervista di Alessandro De Angelis al presidente di IDEA Gaetano Quagliariello dopo la conferenza stampa di stamattina alla Camera dei Deputati. “Ora occorre un listone per arrivare al 40%”.
Ecco il testo dell’intervista (pubblicata al seguente link: http://www.huffingtonpost.it/2017/07/18/il-controesodo-verso-il-centrodestra-da-bollino-rosso-intervi_a_23035436/?utm_hp_ref=it-homepage):
Ecco Gaetano Quagliariello, sorridente. Perché la sua “Idea” pare che funzioni. In sala stampa alla Camera presenta cinque tra i consiglieri regionali che hanno aderito al suo movimento: “I giornali ci comprendono nel controesodo, ma vorrei ricordare che Idea è stata protagonista di una partenza intelligente. Abbiamo rotto con la maggioranza in età di renzismo trionfante…”. L’ex ministro snocciola i numeri di Idea: “Dieci senatori, due deputati, sette consiglieri regionali, 201 amministratori comunali, di cui 40 nei comuni capoluogo, 53 alle ultime elezioni amministrative”.
Diciamoci la verità, Professor Quagliariello. Ora tutti lessie che tornano a casa. Allora invece…
Beh, effettivamente… Nella tarda estate del 2015, quando nascemmo, non si sapeva ancora chi avrebbe vinto ma erano chiare due cose.
Quali?
Primo: che l’ipotesi di una grande riforma scritta assieme da tutti si era trasformata nella proposta di legittimazione di un potere personale senza i dovuti contrappesi. Secondo: che l’ipotesi di costruire un nuovo centrodestra che rinnovasse classe dirigente e contenuti si era trasformato, strada facendo, nella costola di un nuovo centrosinistra.
E ora il controesodo.
Da bollino rosso.
È un bene o un male per il centrodestra?
È la coda del fallimento del renzismo.
Anche il solito trasformismo di gente in cerca di seggio.
Lei vuole dare giudizi morali, io dico che queste persone devono trovare la forza e le energie per costruire un’ipotesi centrista e per creare un ponte programmatico verso il centrodestra. Non mi sembra facile.
Anche Alfano?
Forse posso dirlo più di ogni altro: con Angelino ci siamo divisi, perché io pensavo che il nostro posto fosse nel centrodestra, come diceva il nostro brutto nome di allora, ovvero Ncd: nuovo centrodestra. Lui dopo le regionali ha ritenuto che bisognasse far diventare strategica l’alleanza con Renzi. Ora dice che col Pd il rapporto è chiuso.
Traduco brutalmente: se Renzi gli avesse dato un posto, lì sarebbe rimasto. E invece….
Mettiamola così: se Renzi non fosse crollato, lì aveva deciso di rimanere. E aggiungo.
Prego.
Ora è costretto a una conversione. In politica capita. Ritengo che per lui sia più facile puntare su un centrosinistra senza Renzi che su un ritorno a casa. Ma non sono io che debbo dargli consiglio.
Dice che Berlusconi ucciderà il vitello grasso?
Vista la svolta animalista di Silvio, mi pare improbabile.
Quindi lei a chi si rivolge per costruire questa area moderata del centrodestra?
Se usa il termine moderato impugno la pistola. Perché oggi i moderati italiani sono i più incazzati di tutti. Idea si è data un compito: approfondire un programma comune e, su questa base, mobilitare quegli elettori che possono rappresentare un valore aggiunto rispetto a quelli che oggi rappresentano i partiti. Fin qui non è andata male.
In che senso?
Segnalerei il caso di Verona: la lista federata a Idea ha preso circa il 14 per cento, più o meno quanto hanno preso i tre partiti messi insieme, soprattutto al secondo turno ha sconfitto un candidato centrista che aveva l’appoggio del Pd. Vede? Quando il centrodestra è competitivo gli elettori di centro lo votano soprattutto anche se dall’altra parte c’è un centrista… appoggiato dal Pd.
Però, parliamoci chiaro. Tirerà anche un vento di destra, ma non c’è un assetto politico in grado di intercettare questo vento. Per ora.
Per ora. Parliamoci chiaro: l’assetto definitivo dipenderà dalla legge elettorale. Se resta questa con un premio di maggioranza affidato alla lista che raccoglie il 40 alla Camera, un centrodestra che dai sondaggi è accreditato del 36 per cento ha il dovere di crederci e di fare una lista unica di coalizione nella quale sulla base di un programma comune e di regole precise convivano identità differenti.
Difficile una lista unica tra Berlusconi e Salvini.
Sì, ma lo devono al paese più che agli elettori di centrodestra. Con questa legge è un dato di fatto: se ci si divide non vince nessuno.
E come da anni a questa parte, c’è il problema della leadership.
Dopo il fallimento del renzismo il tema della leadership non è più quello dal quale si deve partire. Mi spiego: Renzi è stato il tentativo di risolvere la crisi della sinistra attraverso la proposta di una leadership forte, giovane, spregiudicata. Abbiamo visto come è andata a finire.
Sta evitando di rispondere. Insisto. Berlusconi non è più il leader condiviso. E lui non ha intenzione di investire nessuno.
Io credo che per il centrodestra valga un po’ la storia del capitalismo familiare. La prima generazione è quella eroica, per affermarsi deve sovvertire le regole e imporsi con la forza del carisma. Se la seconda generazione pretende di comportarsi come quella dei fondatori, l’impresa fallisce. Fuor di metafora Berlusconi è irripetibile.
E dunque?
Il tema di creare una comunità nella quale le regole che devono anche disegnare il percorso per determinare il capo della comunità si pone tutto.
Primarie?
Non per forza. Ultimamente non portano bene… Basta guardare in Francia: i candidati venuti fuori dalle primarie sono quelli eliminati al primo turno. E poi, se vogliamo esser seri, anche il tema del leader dipende dalla legge elettorale. Se si affermasse qualcosa di simile al modello tedesco, il leader viene scelto in Parlamento e sarà un uomo di mediazione, se è maggioritaria il discorso cambia.
Vedo difficile che si possa fare una nuova legge elettorale.
Io lo auspico. Guardi che questo combinato disposto di legge della Camera e del Senato scritto dalla Consulta in momenti differenti odora di incostituzionalità. Non lo dico io ma la sentenza della Corte sull’Italicum e tutto ci possiamo permettere tranne un nuovo Parlamento delegittimato dalla sentenza di una Corte Costituzionale. Per questo sto lavorando a una proposta di legge elettorale.
Propone di partire dal Senato stavolta?
Sì. E poiché credo che la politica sia l’arte di inventare il possibile, non l’impossibile, pur non avendo particolare simpatia per le coalizioni, propongo una revisione del tedesco che preveda la possibilità di un candidato di coalizione nei collegi uninominali persistendo il voto nelle singole liste nella parte proporzionale.
Una mediazione?
Una mediazione. Perché si cancella qualsiasi dubbio che ci sia chi voglia prendersi i voti per poi fare un governo con Renzi. In secondo luogo sarebbe più agevole raggiungere quella quota del 40 che garantirebbe comunque un governo al paese. Infine, sarebbe il modo più efficace per riportare, il movimento Cinque stelle sotto la soglia fisiologica del 15 per cento, come ci hanno fatto intravedere le elezioni amministrative.
Sicuro che Berlusconi non voglia fare un governo con Renzi dopo il voto?
Sicuro.
E col Pd?
Perché, secondo lei esisterà ancora un Pd dopo la cura renziana?