

Presidente, colleghi senatori, presidente del Consiglio, signori del governo,
io sono tra quanti avevano sperato in un governo imperniato sul centrodestra. Del resto, eletto in un collegio uninominale, ho toccato con mano quanto nel sistema elettorale vigente la coalizione sia fondamentale.
Quando tuttavia, per ragioni che non è questa la sede per scandagliare, è apparso chiaro che l’unico esecutivo possibile era quello che oggi chiede la fiducia in quest’Aula, ho ritenuto che sarebbe stato un errore impedire che nascesse. E credo che la disponibilità del presidente Berlusconi, oltre ad essere stata politicamente lungimirante, abbia contribuito a preservare le nostre istituzioni e il nostro Paese da un pericoloso avvitamento.
C’è poi un altro aspetto, che riguarda tutte le opposizioni in questo emiciclo, e che suggerisce di evitare ipocrisie. A nessuno sfugge infatti che se la travagliata gestazione del governo non fosse andata a buon fine, un voto a distanza ravvicinata avrebbe penalizzato, con ogni probabilità, assai più gli oppositori che i contraenti del patto di maggioranza.
Presidente, a scanso di equivoci io voterò contro la fiducia, in conformità con il gruppo al quale sono iscritto in quanto rappresentante di “Idea”. E svolgerò con rigore il mio ruolo di parlamentare di opposizione, affinché le pulsioni giustizialiste, regressive, pauperiste presenti nel vasto e composito contratto programmatico che abbiamo sentito oggi riassunto non abbiano seguito.
Ritengo tuttavia, senza timore di contraddirmi, che nei confronti di questo governo non si debba avere un atteggiamento pregiudiziale. Quantomeno da parte del centrodestra.
Non solo perché fra i “nemici preventivi” non ci si troverebbe sempre in ottima compagnia (quando Soros è da una parte, ad esempio, io preferisco trovarmi sempre dall’altra). Non solo perché in questo governo c’è un pezzo di coalizione, com’è accaduto in passato a parti inverse. Ma anche perché questo esecutivo si fonda su uno schema vecchio-nuovo che non è inedito nella nostra storia più recente. Fu uno schema vecchio-nuovo infatti a tenere insieme nel ‘94 il Movimento Sociale, la Lega Nord e il Partito Radicale, universi paralleli che solo la comune alleanza con Forza Italia, unitasi alla fiamma al Sud e alle camicie verdi al Nord, riuscì ad amalgamare nella novità rivoluzionaria di un centrodestra di governo.
Uno schema, tuttavia, non è una garanzia di successo. Per una infinità di ragioni. Io ne esporrò solo due.
Innanzi tutto, non ci appartiene la formula istituzionale in cui l’asserito “cambiamento” si sostanzia: una sorta di governo di direttorio, con partiti che vorrebbero essere fortissimi e un premier debolissimo – (con rispetto per la sua persona, presidente) -, controbilanciato da un’idea di democrazia diretta che incarna il mito roussoviano della volontà generale. Un mito, per l’appunto. Ora, sappiamo anche noi che il legame tra popolo e rappresentanza va rafforzato, ma riteniamo che la strada del presidenzialismo sia di gran lunga preferibile a questo ircocervo sistemico che oggi ci è stato illustrato.
La seconda ragione è di contenuto. E’ vero infatti che le categorie di destra e sinistra vanno aggiornate, ma esse rispondono a idealità radicate che a un certo punto reclamano i propri diritti. Lo dimostrano le contraddizioni insite nel contratto di governo: come conciliare ad esempio il giustizialismo in campo penale con l’ambizione di imprimere una svolta liberale al rapporto tra Stato e contribuenti? Noi queste contraddizioni cercheremo di farle emergere, affinché tra il tutto e il suo contrario sia un’impostazione quanto più vicina possibile al programma del centrodestra a prevalere.
Anche per questo io credo che ci sia bisogno di un atteggiamento rigoroso ma non pregiudiziale. Perché per quanto possa durare la luna di miele, per quanto possano spuntarla sugli indirizzi di governo – e noi ce lo auguriamo -, gli amici della Lega hanno già sperimentato la distanza siderale che passa tra un rapporto occasionale basato su un compromesso programmatico e un’alleanza organica fondata su princìpi e ideali condivisi.
I fatti di queste ore sono emblematici. Si possono lasciare i temi “eticamente sensibili” fuori da un contratto (e probabilmente è un bene). Si può anche derubricare un’idea di famiglia e dunque di genitorialità a opinione personale di un ministro. Ma alla lunga la visione che si ha della persona, della vita, della libertà, della responsabilità, finisce per pervadere ogni scelta, anche quella apparentemente più estranea a tali ambiti.
Io sono certo che in questa fase tutte le forze del centrodestra sapranno interpretare i rispettivi differenti ruoli senza mettere a repentaglio le ragioni dell’alleanza. Ma sono ancor più certo che, anche laddove la dialettica quotidiana dovesse talvolta tracimare, saranno gli ideali di fondo a ricordare a tutti chi siamo e qual è la nostra casa naturale al di là della parentesi che stiamo vivendo.
Grazie.
Tratto da libertaepersona.org