

Ritardi nell’erogazione dei fondi agli agricoltori pugliesi, il boom di olio di oliva proveniente dalla Tunisia e il caso del nuovo ospedale di Teramo. Sono questi i temi delle tre interrogazioni presentate rispettivamente il 17 luglio, il 31 luglio e il 7 agosto scorso dal senatore e leader di Idea Gaetano Quagliariello e indirizzate al ministro delle politiche agricole, al ministro degli affari europei e al ministro della salute.
Nel primo caso, si chiede al ministro di prendere provvedimenti per far fronte ai gravi ritardi accumulati “nei pagamenti dei premi relativi alle domande ammesse a finanziamento delle misure 10 e 11 del PSR Puglia 2014-2020 attivati nel corso della campagna 2016, nel corso della campagna 2017, forse anche pregiudicando la possibilità degli anticipi per la campagna 2018 che sono vitali per le aziende già devastate dalle calamità atmosferiche e dalla Xylella”. Ritardi che, come si legge nell’interrogazione, hanno provocato danni ingenti agli agricoltori “per la mancata erogazione di risorse sulle quali avevano fatto affidamento nella programmazione della loro attività imprenditoriale”.
Nel secondo caso si chiede conto ai ministri dell’agricoltura e degli affari europei dell’accordo tra Tunisia e Commissione Europea che, secondo organi di stampa, prevede il rinnovo della concessione di nuove quote di export a dazio zero verso la stessa Unione, motivando la richiesta con il fatto che l’agricoltura tunisina si è riorganizzata tanto da prevedere un raddoppio della produzione di olio d’oliva per il 2018. E non sarebbe un caso il fatto che già nel primo quadrimestre del 2018, dalla Tunisia sono arrivate in Italia ben 26.000 tonnellate di olio d’oliva. “Qualora si permettesse alla Tunisia di sfruttare le quote non utilizzate per gli anni passati, pari a poco meno di 70.000 tonnellate, e contemporaneamente, se ne aggiungessero altrettante per il 2018 e il 2019, – si legge nel testo – ci si troverebbe di fronte a un’invasione di olio tunisino e la produzione italiana ne uscirebbe gravemente penalizzata”.
Infine, il caso di Teramo. Secondo quanto si apprende dalle indiscrezioni portate alla luce dal quotidiano della provincia di Teramo “La Città”, il programma di razionalizzazione ed efficientamento del servizio ospedaliero iniziale avrebbe nelle ultime settimane cambiato rotta, virando su un progetto per soli pazienti acuti per il quale il vertice della locale Asl e l’assessore regionale per la sanità avrebbero già deciso il luogo di costruzione (Piano d’Accio) e trovato, tramite l’impegno del Ministro pro tempore, fondi per 100 milioni di euro, precedentemente destinati alla sicurezza sismica. Considerato che l’ulteriore frammentazione di centri di cura determinata da un nuovo ospedale, aggiuntivo rispetto ai 4 preesistenti nel territorio provinciale, e addirittura insistente nello stesso capoluogo dove già è presente un nosocomio, rischierebbe di essere scarsamente utile, se non controproducente, rispetto alle esigenze di miglioramento del servizio sanitario per i cittadini, si chiede al ministro della salute se non ritenga che l’adeguatezza dell’utilizzo dei fondi debba essere parametrata in base alle reali esigenze del territorio e all’erogazione di un servizio sanitario di qualità.
Di seguito riportiamo il testo integrale delle tre interrogazioni che attendono ancora una risposta dai ministri competenti.
Pubblicato il 17 luglio 2018, nella seduta n. 22
Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Premesso che:
l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Agea, istituita con decreto legislativo n. 165 del 1999, svolge funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore dei contributi stabiliti dalla politica agricola comune (PAC) dell’Unione europea;
l’Agea nella Regione Puglia cura, in qualità di organismo pagatore, l’esecuzione di tutti gli adempimenti affidati dalla normativa europea e nazionale, così come previsto dall’art. 3 del decreto legislativo n. 165 nelle Regioni in cui detti organismi pagatori non risultano costituiti;
considerato che:
il programma di sviluppo rurale (PSR) rappresenta lo strumento di attuazione del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR) e rappresenta altresì lo strumento di finanziamento per eccellenza della politica di sviluppo rurale;
si sono accumulati gravi ritardi nei pagamenti dei premi relativi alle domande ammesse a finanziamento delle misure 10 e 11 del PSR Puglia 2014-2020 attivati nel corso della campagna 2016, nel corso della campagna 2017, forse anche pregiudicando la possibilità degli anticipi per la campagna 2018 che sono vitali per le aziende già devastate dalle calamità atmosferiche e dalla Xylella;
nel 2016 furono ammesse a finanziamento 8.240 domande, per un impegno di circa 70 milioni di euro. Le richieste relative alle misure 10 (integrato) e 11 (biologico) furono regolarmente presentate a maggio 2016, ma il portale Sian che gestisce e sviluppa il sistema informativo agricolo nazionale sembrerebbe, secondo quanto più volte pubblicamente dichiarato dall’assessore regionale Di Gioia, avere ancora notevoli criticità, che, per oltre un anno, non sono state risolte e che hanno di fatto bloccato i relativi pagamenti;
secondo quanto appreso, il nodo di malfunzionamento sarebbe imputabile al fatto che la gestione del software debba passare dalla Sin SpA all’Agea, la quale può predisporre una gara per l’affidamento a terzi. La procedura di gara però sarebbe bloccata alla Consip;
tenuto conto che le imprese agricole hanno subito danni ingenti per la mancata erogazione di risorse sulle quali avevano fatto affidamento nella programmazione della loro attività imprenditoriale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
se non ritenga di intervenire al più presto al fine di identificare a quale delle parti (Agea o Regione) siano imputabili i ritardi nei pagamenti;
quali iniziative ritenga di dover assumere al fine di assicurare il saldo dei pagamenti relativi al bando agli agricoltori pugliesi con la massima sollecitudine.
Sen. Gaetano QUAGLIARIELLO
Pubblicato il 31 luglio 2018, nella seduta n. 29
Ai Ministri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e per gli affari europei
Premesso che:
da fonti stampa è emerso che secondo l’associazione Coldiretti dall’inizio del 2018 l’importazione in Italia di olio d’oliva proveniente dalla Tunisia sarebbe aumentata del 260 per cento, facendo registrare una vera e propria impennata;
nel 2016 la Commissione europea aveva concesso alla Tunisia due contingenti temporanei a dazio zero per le esportazioni di olio dirette verso l’Unione europea, in particolare 35.000 tonnellate all’anno per il 2016 e il 2017 al fine di cercare di sostenere la difficile situazione socio-economica del Paese;
dalla relazione della Commissione europea risulta che il Paese non ne avrebbe usufruito quasi per nulla, avendo esportato verso l’Unione tra il 2016 e il 2017 solo 2.557 delle 70.000 tonnellate accordate;
sempre secondo fonti stampa, la Tunisia avrebbe chiesto all’Unione europea di rinnovare la concessione di nuove quote di export a dazio zero verso la stessa Unione, motivando la richiesta con il fatto che l’agricoltura tunisina si è riorganizzata tanto da prevedere un raddoppio della produzione di olio d’oliva per il 2018. Questo salto avrebbe permesso, già nel primo quadrimestre del 2018, alla Tunisia di esportare verso l’Italia ben 26.000 tonnellate di olio d’oliva;
preso atto che:
nel 2017 la produzione dell’Italia, che è il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, è stata di 429.000 tonnellate, e il costo di produzione dell’olio in Tunisia risulta pari a circa 2 euro al litro, contro il corrispondente costo di produzione italiano pari a circa 7 euro al litro (fonte Coldiretti);
qualora si permettesse alla Tunisia di sfruttare le quote non utilizzate per gli anni passati, pari a poco meno di 70.000 tonnellate, e contemporaneamente, se ne aggiungessero altrettante per il 2018 e il 2019, ci si troverebbe di fronte a un’invasione di olio tunisino e la produzione italiana ne uscirebbe gravemente penalizzata;
considerato infine che l’olio importato, di bassa qualità rispetto a quello italiano, viene spesso commercializzato dalle multinazionali sotto la copertura di ex marchi nazionali ceduti all’estero per dare una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri, a danno di produttori e di consumatori,
si chiede di sapere:
di quali informazioni i Ministri in indirizzo dispongano in merito alle notizie riportate e se le stesse trovino conferma;
quali iniziative intendano assumere, anche in sede europea, volte alla tutela dei prodotti, degli agricoltori e dei consumatori italiani, oltre che dell’economia di alcune regioni italiane.
Sen. Gaetano QUAGLIARIELLO
Pubblicato il 7 agosto 2018, nella seduta n. 33
Al Ministro della salute
Premesso che:
la provincia di Teramo, a fronte di una popolazione residente di 312.000 abitanti, conta ad oggi 4 strutture ospedaliere: Teramo (ospedale “Mazzini”), Atri, Giulianova, val Vibrata;
negli ultimi anni le linee di indirizzo generale in materia di servizio sanitario hanno privilegiato ovunque l’accorpamento delle strutture a scapito della capillarità dei presidi, a volte addirittura giungendo a privare di centri di primo soccorso interi bacini territoriali di apprezzabile ampiezza;
da molto tempo si dibatte sulla necessità di intervenire sulla rete del sistema sanitario teramano, fino a qualche mese fa con riferimento alla possibile creazione di un unico polo provinciale, un ospedale di secondo livello, che avrebbe sostituito i 4 nosocomi esistenti;
preso atto che:
secondo quanto si apprende dalle indiscrezioni portate alla luce dal quotidiano della provincia di Teramo “La Città”, il programma di razionalizzazione ed efficientamento del servizio ospedaliero iniziale avrebbe nelle ultime settimane cambiato rotta, virando su un progetto per soli pazienti acuti per il quale il vertice della locale Asl e l’assessore regionale per la sanità avrebbero già deciso il luogo di costruzione (Piano d’Accio) e trovato, tramite l’impegno del Ministro pro tempore, fondi per 100 milioni di euro, precedentemente destinati alla sicurezza sismica;
l’iniziativa sarebbe motivata, tra l’altro, da una presunta inadeguatezza della struttura dell’ospedale Mazzini, in particolare con riferimento a profili di sicurezza antisismica;
considerato che:
l’ulteriore frammentazione di centri di cura determinata da un nuovo ospedale, aggiuntivo rispetto ai 4 preesistenti nel territorio provinciale, e addirittura insistente nello stesso capoluogo dove già è presente un nosocomio, rischierebbe di essere scarsamente utile, se non controproducente, rispetto alle esigenze di miglioramento del servizio sanitario per i cittadini;
è oramai dimostrato infatti come il moltiplicarsi di strutture medio-piccole che insistono sullo stesso bacino di utenza porti al solo risultato di disincentivare l’arrivo e la permanenza di personale medico di elevata specializzazione, mentre è la possibilità di una casistica ampia e diversificata a garantire la gestione ottimale degli imprevisti e delle situazioni complesse;
le operazioni di decentramento, quale sarebbe la realizzazione di un ospedale nella zona individuata, possono avere valenza strategica in presenza di un centro forte e attrattivo. La città di Teramo, al contrario, in particolare dopo il terremoto, presenta un’esigenza di riqualificazione, anche funzionale, del suo centro storico, che vive una situazione di crisi sotto il profilo sociale, urbanistico ed economico che si irradia in tutta l’area urbana e da tempo aspetta un piano di rivitalizzazione che sarebbe propulsore per la ripresa dell’intera città e del territorio circostante;
i fondi, dell’ammontare di 100 milioni di euro, che nel progetto dovrebbero essere destinati alla realizzazione della struttura di Piano d’Accio, non risultano, come parrebbe naturale, dagli stanziamenti per l’edilizia sanitaria, bensì verrebbero stornati da risorse programmate dalla legge di bilancio per il 2017 e riservate al terremoto e alla sicurezza sismica degli edifici, mettendo seriamente a rischio altri investimenti urgenti e necessari di ricostruzione post sisma;
l’assessore regionale per il turismo, Giorgio D’Ignazio, grande fautore del progetto e sostenitore addirittura dell’ipotesi di costruire un sesto ospedale sul territorio provinciale, ha motivato l’opportunità di realizzare il nuovo nosocomio adducendo presunte inadeguatezze anti-sismiche in capo alla struttura dell’esistente ospedale “Mazzini”,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se non ritenga che l’adeguatezza dell’utilizzo dei fondi debba essere parametrata in base alle reali esigenze del territorio e all’erogazione di un servizio sanitario di qualità;
se non ritenga di dover monitorare il corretto utilizzo di fondi stanziati per il terremoto e, in particolare, adibiti alla sicurezza sismica degli edifici;
se risultino in capo all’ospedale Mazzini profili di problematicità strutturale che necessitano di intervento e se non sia da valutare come incongruente il proposito di impiegare i fondi destinati alla sicurezza sismica per la realizzazione di un nuovo ospedale piuttosto che per la riqualificazione, la razionalizzazione e il potenziamento del nosocomio già esistente nella città di Teramo.
Sen. Gaetano QUAGLIARIELLO