Come era ampiamente prevedibile, rischiamo la procedura di infrazione: la commissione europea non solo ci tiene d’occhio ma avrebbe già presentato il conto al governo italiano. Sarebbe di quasi tre miliardi e mezzo il costo del riallineamento per i nostri conti pubblici, pesano il debito e il deficit strutturale, e speriamo che le stime non siano edulcorate com’è successo con Mps. Sullo sfondo, il timore che hanno Juncker e la Commissione di essere a loro volta sconfessati nelle valutazioni sull’Italia dai cosiddetti falchi dell’eurogruppo.
Chi ci ha portato in questa situazione drammatica, intanto, rilascia interviste compiaciute, in cui ancora rivendica i suoi presunti successi, mentre l’annunciata “autocritica” diventa l’occasione per riproporre la solita insopportabile propaganda di questi anni. Nell’intervista a Repubblica, Renzi straparla: “Abbiamo fatto la più grande redistribuzione di reddito della storia fiscale italiana”, dice entusiasta, riferendosi ai famosi 80 euro di cui oggi l’Europa ci chiede il conto. Il nostro ex presidente del consiglio continua a smerciare un’immagine trionfalistica, ottimistica, di uno che ha sbagliato poco o niente, che non è stato capito o non si è fatto capire, ma ha salvato il suo paese: “L’Italia che abbiamo trovato nel 2014, aveva bisogno di una scossa. Dire ‘io’ e metterci la faccia è stato necessario”.
Ma l’insistenza sul positivo, sull’ottimismo, sui grandi successi ormai ha un suono vagamente patetico. Perchè nel frattempo Renzi rischia di vedersi crollare addosso tutto il castello di carte messo in piedi dal suo governo, con l’annunciata modifica dei voucher che stravolgerà il Jobs Act, i No che hanno travolto la riforma della costituzione, la Consulta che ha azzoppato la legge Madia, la buona scuola che riparte, sì, ma da accordi sindacali che la snaturano. E adesso, la letterina di Bruxelles.
Qualcuno comincia a rendersi conto che l’immagine di vincente che l’ex premier ha voluto cucirsi addosso non è molto adeguata al personaggio: più che altro Renzi è stato l’uomo delle sconfitte. Il Pd, il suo partito, è lacerato e ridotto, quanto a iscrizioni e consensi, molto peggio di quando l’ha preso in carico; le sue riforme, come abbiamo visto, si sciolgono come neve al sole o si rivelano inefficaci; ha perso le elezioni amministrative e il referendum su cui aveva puntato tutto; ha cercato di invadere il campo dei grillini e della destra, ma a destra non l’ha votato nessuno e i 5stelle sono cresciuti ancora di più.
Calma e gesso, c’è una cosa che l’uomo dei fallimenti considera in ogni caso una vittoria adamantina, insuperabile, la legge sulle unioni civili. Cantori e intellettuali del renzismo esaltano quasi ogni giorno dalle colonne dei giornali e in televisione il vero, grande successo del suo esecutivo, la vera, grande eredità del renzismo: la battaglia, vinta a colpi di fiducia, per il matrimonio omosessuale. E dunque diamo un suggerimento a Padoan: nei colloqui a Bruxelles spieghi che benché abbia aumentato il debito pubblico, abbia rimandato il problema delle banche lasciando che ingigantisse, abbia governato in deficit chiamando le sue mancette “sviluppo”, Renzi ha fatto le unioni civili. E per questo la Commissione deve perdonargli (e abbonargli) tutto il resto.
(Eugenia Roccella, Tratto da L’Occidentale )