Estendere il regime della cedolare secca sui canoni di locazione anche alle aziende, al mondo del commercio e dell’artigianato.
Signor Presidente, colleghi senatori, signori del Governo, avrei voluto limitare questo mio intervento all’illustrazione di un solo emendamento e di un ordine del giorno, che propongono una misura concreta, facilmente applicabile, dall’efficacia immediata, che potrebbe risolvere uno dei tanti problemi sorti nel Centro Italia nella fase post terremoto. Ritenevo infatti (e ritengo tutt’ora, signori del Governo) che questo non dovesse essere il momento della polemica, bensì dell’azione e possibilmente dell’azione nella concordia.
Ancora una volta, però, il confronto sulle proposte concrete non è stato possibile a causa del perseverare di un modus operandi che io ritengo profondamente errato nel metodo e nel merito e che risulta ancora più odioso e inaccettabile dinanzi a un tema dalla drammatica rilevanza, quale quello del supporto alle zone colpite dalle ripetute scosse telluriche a partire dallo scorso mese di agosto.
Colleghi, siamo al terzo decreto-legge sul terremoto. Indiscrezioni parlano di un quarto intervento anche nell’ambito della “manovra correttiva” che il Governo si vede costretto a varare nei prossimi giorni a causa della scellerata – e in quest’Aula denunciata – gestione delle risorse straordinarie e dei margini di flessibilità aggiuntivi che l’Europa aveva concesso al nostro Paese proprio dopo la scossa di Amatrice, ma che sono “accidentalmente” finiti in una sorta di «Fondo Salva-Referendum», che non è poi nemmeno riuscito a salvare il Governo di allora su quella scelta.
Già il fatto che ciascuno di noi debba fare uno sforzo di memoria per mettere in ordine cronologico tutti gli interventi frammentari che si sono susseguiti con andamento schizofrenico mostra chiara la cifra del fallimento del Governo rispetto alla capacità di affrontare l’evento sismico del 24 agosto, poi quello di ottobre, infine quello di gennaio. Tempestività, chiarezza, ordine, incisività: queste sono le caratteristiche che dovrebbero qualificare la reazione di un esecutivo nel fronteggiare un’emergenza della portata di quella che ha colpito il Centro Italia. Incertezza, approssimazione, frammentarietà, scarsa lucidità, tardività, sordità nei confronti delle grida di aiuto dei Sindaci, dei cittadini, degli albergatori, degli allevatori e dei commercianti: queste, invece, le qualificazioni che possono essere attribuite alla capacità dell’esecutivo di reagire e supportare gli amministratori e i cittadini del cratere.
Ad aggravare la situazione, colleghi, la conferma che – perlomeno su questo frangente – l’attuale Governo non ha perso le cattive abitudini a cui ci aveva abituato l’esecutivo precedente. Quella, ad esempio, di ridurre il ruolo del Parlamento a mero passacarte delle decisioni governative attraverso la presentazione prima alla Commissione e poi a questa Assemblea di testi «blindati», su cui l’atro ramo del Parlamento ha avuto esclusivo potere di intervento senza peraltro metterlo a frutto per via delle chiusure della maggioranza rispetto a proposte provenienti dall’opposizione.
Colleghi, nelle zone colpite delle Marche, dell’Umbria, del Lazio e dell’Abruzzo si chiede anzitutto la possibilità di rimettere in moto l’economia, di riaprire le botteghe, di sostenere – non solamente attraverso la distribuzione di fondi, che spesso rimangono bloccati per lungaggini burocratiche – le imprese che hanno avuto danni alle strutture, non irreparabili, ma fortemente compromettenti rispetto alla loro precedente capacità produttiva. Queste attività sembrano essere tutt’ora dimenticate; oppure, ancor peggio, è stata loro riservata qualche misura secondaria e marginale, come un credito d’imposta di dubbia utilità.
Colleghi senatori, membri del Governo, la possibilità di mantenere in vita le attività economiche non è una questione secondaria. Evitare che le popolazioni siano costrette a lasciare le città e i paesi che sono stati colpiti dal sisma deve essere uno degli obiettivi primari dell’intervento dello Stato nelle zone del cratere. C’è stata da parte del Governo fin dal mese di settembre una incapacità di comprendere quali fossero strategicamente le misure da mettere immediatamente in atto per evitare la desertificazione del centro Italia. L’impressione è che si stia ancora ragionando – e assumendo conseguenti decisioni – come se il terremoto si fosse verificato ieri mattina. Si agisce in modo scomposto – e comunque inefficace – sull’emergenza, senza comprendere che paradossalmente il rischio di desertificazione, sia abitativa che economica, è incentivato proprio dai provvedimenti che fin qui sono stati messi in campo.
Colleghi, un conto è incoraggiare le persone a trasferirsi nelle strutture ricettive della costa adriatica per un tempo dato (due o tre mesi), tutt’altro fatto è invece impedire sostanzialmente alle popolazioni il ritorno nelle terre d’origine, soprattutto se si tratta di grandi centri urbani, o impedire che le attività commerciali, produttive, turistiche, imprenditoriali possano riprendere. Voglio in tal senso segnalare il grido di aiuto proveniente dagli amministratori delle zone terremotate, in particolare dall’Abruzzo, dove si sta verificando un’emergenza nell’emergenza. Numerosi locali adibiti ad attività commerciale, ricettive, imprenditoriali sono stati gravemente danneggiati dalle scosse sismiche e risultano pertanto inagibili. I titolari delle medesime attività sono costretti – a proprie spese – a ricercare locali alternativi nei quali trasferire la propria attività e ridare vita in questo modo al tessuto economico dei Comuni del cratere. Allo stesso tempo, però, la scarsità di locali antisismici ha causato un’impennata dei prezzi di locazione, che costringe gli imprenditori che vogliono rimanere lì, non vogliono andare via e credono nella possibile ripresa economica di quei territori, ma anche i commercianti e gli albergatori, a trasferire loro malgrado la propria attività fuori dal perimetro del cratere, causando così l’abbandono di interi borghi e centri urbani e soprattutto provocando un forte danno economico a quei territori. L’esperienza del centro storico dell’Aquila dovrebbe aver insegnato qualcosa in merito.
Per queste ragioni, colleghi senatori, ho raccolto la sollecitazione arrivata dal Consiglio regionale dell’Abruzzo, il quale con una risoluzione approvata chiede al Governo in prima battuta, e al Parlamento in occasione della conversione di questo decreto, di estendere il regime di vantaggio della cedolare secca – oggi riservato alle abitazioni – anche agli edifici situati nel cratere sismico destinati alle attività produttive, commerciali e turistiche. Grazie a questa semplice misura sarebbe possibile garantire – a fronte del risparmio fiscale da parte del locatore – un controllo dei prezzi di locazione a vantaggio dei locatari e dunque, indirettamente, a vantaggio della ripresa economica di queste terre martoriate. Contemporaneamente, occorrerebbe poi sollevare questi contratti dal versamento delle imposte di registro e di bollo.
Colleghi, non sprechiamo ora in quest’Aula la possibilità di dare certezze e risposte ai nostri concittadini di Amatrice, Accumoli, Pescara del Tronto, Arquata, Norcia, Tolentino, e potrei continuare, per farli rimanere nei luoghi in cui sono nati, per dare continuità alla loro attività lavorativa e per evitare che questi borghi divengano luoghi spettrali e deserti. Mi auguro che non sia sprecata oggi questa occasione e che quindi venga in qualche modo, anche sotto la forma di un ordine del giorno, accolta quella proposta di iniziativa che era contenuta in un emendamento che purtroppo, per l’apposizione della fiducia da parte del Governo, non potrà essere qui discusso.