di Giovanna D’Onofrio (Idea per Un’Altra Basilicata)
Mentre il dottore studia, l’ammalato muore! E’ questa la pratica più diffusa nel nostro Bel Paese. Spesso ci si trincera dietro un “non sapevo” e all’improvviso un argomento diventa pane quotidiano e preoccupazione per tutti.
La scuola chiede aiuto, il futuro chiede sostegno al presente, un investimento certo per non pregiudicare le risorse più preziose per il domani, la materia grigia, cervelli non da costruire in laboratorio ma che crescano spontaneamente tra le famiglie d’Italia, che si affidano al suono della campanella ogni mattina, delegando talvolta anche funzioni educative più del lecito al corpo docente.
Ma veniamo al problema: mancano 70 mila alunni nella scuola italiana!
Le iscrizioni di inizio anno per il 2019/2020 hanno evidenziato un trend consolidatosi negli ultimi anni, un calo generalizzato, una vera e propria fuga dalle scuole che in proiezione raggiungerebbe un numero tale da popolare una città di medie dimensioni, con ovvie ripercussioni, come al solito, soprattutto al Sud.
Ogni numero è l’espressione di un fenomeno. E’ fin troppo semplicistico pensare di avere una soluzione se non si analizzano le cause: ebbene, qui è opportuno dire che questo non è più un paese per giovani se si induce la popolazione, le famiglie, a vedere la venuta di un figlio più come un “buono fruttifero” senza scadenza e a rischio mercato finanziario, piuttosto che un vero e proprio dono della vita.
Le politiche a sostegno della famiglia non dovrebbero essere quelle delle campagne elettorali, il bonus fiscale, il bonus bebè, ecc ; la famiglia ha bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione dell’intero sistema in cui ogni componente porta un beneficio: innanzitutto il lavoro sicuro e poi flessibile, il sostegno alle madri lavoratrici, facilitazioni fiscali, asili nido, assistenza sanitaria, e potremmo proseguire per ore ed ore.
Per quanto riguarda la situazione al Sud e più in particolare la Basilicata, se analizziamo i dati e i vari focus del Miur, questi evidenziano che altre regioni meridionali stavano “peggio” di noi. Beh, almeno questa volta abbiamo il triste primato per il quale registriamo il maggiore calo delle iscrizioni in percentuale (- 2.23%), sul totale dell’intero paese.
Questo governo nazionale, si sostiene su una relazione tra “amanti politici”, dettata da una legge elettorale che ha obbligato in tal senso, solo che poi quando si viene a casa propria, specie in periodi di elezioni regionali, ci si deve dimenticare gioco o forza degli impegni presi per contratto o degli slogan per un successo garantito: è un bene oppure no?
Noi di “Idea” avevamo detto durante la campagna elettorale che il programma della scuola intelligente doveva per forza partire dall’analisi territoriale e dal fabbisogno della popolazione, nel rispetto delle esigenze prima della dignità dei nuclei familiari, e poi del mercato del lavoro, con un’offerta didattica “mirata”.
L’approccio degli allarmisti parte dalle rivendicazioni sindacali, dalla necessità di salvaguardare il lavoro degli insegnanti, per carità diritto sacrosanto. Ci sarebbe piaciuto però che, proprio per questo motivo, una delle ingannevoli promesse elettorali di quelli che oggi sono in prima linea, non avesse identificato la possibile riapertura dell’ufficio di collocamento “feudale” con i famosi 300 nuovi docenti per i comuni di montagna.
Le opportunità di sviluppo partono dalle dinamiche di un modello che, se efficace, diventa imitabile. Resta difficile pensare che le problematiche di una regione modello possono essere estese ad altre. Si pensi ad esempio al dato in controtendenza dell’Emilia Romagna, l’unica in cui le iscrizioni sono in aumento, dove il risultato è anche legato all’integrazione da parte degli immigrati. In realtà di cosa ama parlare il popolo italiano, il popolo lucano: di un’immigrazione magari selettiva, come riportato su alcuni quotidiani, oppure del vero senso del significato della parola integrazione? Come si sentirebbe il sindaco di un nostro piccolo comune che magari imita il collega del Veneto nell’operazione porta a porta per raccogliere iscritti nel paese più vicino per formare una prima elementare? Direbbe: aspetta! Vedo prima se c’è un mezzo pubblico che me li accompagna?
Con Idea abbiamo parlato attraverso i suoi componenti della necessità di considerare la scuola e la formazione, come una vera propria missione per contrastare la fuga delle nostre eccellenze: prima vengono le persone e la loro dignità e poi il loro sostegno.
Quando abbiamo parlato di necessità di rivisitare gli accordi sulle royalties e sulla loro equa distribuzione, la nostra intenzione era evidenziare che la pioggia senza controllo dei fondi, necessitava di un canale di irrigazione del buon senso: il controllo della spesa del singolo comune beneficiario necessita anche di coerenti politiche di indirizzo.
Sì, è vero, il tempo prolungato, il trattenimento dei nostri figli presso le scuole, può essere una goccia, ma questa si perde se prima le leve fiscali, di solidarietà attiva, ma soprattutto occupazionali, non fermano l’emorragia di trasferimenti in altre regioni d’Italia (se va bene).
La scuola come parcheggio unico in attesa di tempi migliori non serve se all’esterno non si hanno le chiavi per accendere il motore dello sviluppo, la riqualificazione dell’offerta didattica di concerto con il sostegno delle giovani imprese e non l’abbandono, l’incentivazione dell’avviamento al lavoro sul territorio, l’aggregazione partecipativa, i servizi essenziali, sono solo alcuni dei tanti aspetti fondamentali per far funzionare un intero sistema che non porti a fuggire ma a rimanere.
Sì! Noi crediamo che il Lucano preferisca parlare dell’integrazione dei propri figli sul territorio, perché proprio come il quindicenne Simone ha avuto il coraggio di affermare a Torre Maura pochi giorni fa: “nessuno deve rimanere indietro”.