
Il quotidiano online l’Occidentale intervista il senatore Gaetano Quagliariello, presidente di IDEA. “Con il renzismo non sono possibili intese. Né larghe, né strette”.
Senatore Gaetano Quagliariello, leader di “Idea”, com’era quella canzone del Trio Lescano? “Saran belli gli occhi neri, saran belli gli occhi blu, ma le gambe, ma le gambe a me piacciono di più…”.
“Ho già capito dove vuole andare a parare…”.
La domanda è d’obbligo. Voi di “Idea” avete compiuto un percorso fortemente identitario, siete scesi dal carro del vincitore in tempi non sospetti quando tutti si affannavano a salirci, siete stati in prima linea sul No al referendum costituzionale, sui temi etici, a difesa dei risparmiatori truffati dalle banche, lei ha anche scritto un libro (“Sereno è”, ed. Rubbettino) che a tratti sembra un giallo ma ha il volto del colpevole (Matteo Renzi) già stampato in copertina… Diciamocelo: come siete finiti nella quarta gamba del centrodestra, dove dentro c’è di tutto un po’?
“Il mio maestro Franco Roccella diceva che la politica è l’arte di creare il possibile. Non bisogna limitarsi a gestire l’esistente ma neppure si può inseguire l’impossibile. E’ ciò che abbiamo fatto, partendo da alcuni dati immutabili di realtà, come ad esempio il meccanismo previsto dalla legge elettorale”.
Tradotto in termini concreti?
“Gestire l’esistente avrebbe significato accettare di entrare in un nuovo partito annullando nel volgere di una notte identità, percorsi e differenze, come era accaduto con la nascita del soggetto politico ‘Noi con l’Italia’, al quale difatti noi non abbiamo aderito, o scioglierci improvvisamente, dall’oggi al domani, in un altro partito del centrodestra. Inseguire l’impossibile, di converso, avrebbe significato non tener conto di come funziona la legge elettorale e della strategia con la quale i tre partiti tradizionali del centrodestra, ovvero il nucleo principale della coalizione, avevano deciso di utilizzarne le potenzialità”.
Sia più chiaro, per favore…
“Il mio modello di riferimento è sempre stato il PdL: un centrodestra unito, più consapevole dal punto di vista culturale e con regole più salde! Questo modello avrebbe potuto essere riproposto già in queste elezioni, oppure si poteva considerare l’imminente scadenza elettorale come tappa di passaggio lungo un cammino di riaggregazione. A me la prima strada non sarebbe dispiaciuta, ma certamente non è quella che il sistema di voto incoraggia, e comunque non avremmo potuto percorrerla da soli. La coalizione ha scelto di schierarsi in campo in un modello a quattro e dunque, dopo aver rifiutato di gestire l’esistente e aver evitato di inseguire l’impossibile, abbiamo lavorato per creare il possibile”.
Il possibile sarebbe l’adesione al quarto polo nel quale inizialmente vi eravate rifiutati di entrare?
“Alt, non scherziamo. Il quadro è totalmente cambiato. Noi ci eravamo rifiutati di entrare in un partito, e continuiamo a non entrarci. Dopodiché quel partito ha stipulato un accordo con l’Udc, il quarto polo del centrodestra è diventato un soggetto non più monolitico ma un contenitore che raccoglie sigle, soggetti e movimenti che si collocano all’esterno dei tre partiti tradizionali, ciascuno con la propria storia e la propria identità, e in questo quadro abbiamo incontrato i due coordinatori della lista, Lorenzo Cesa e Raffaele Fitto, e abbiamo stipulato un accordo. La coalizione ha deciso che questo quarto polo sia lo strumento plurale attraverso il quale l’elettorato civico, liberale, conservatore, nazionale, esterno ai partiti, possa portare il suo contributo alla vittoria del centrodestra. E noi non ci siamo tirati indietro”.
Insomma, “Idea” non chiude bottega.
“No, nella maniera più assoluta. ‘Idea’ trasferirà nella campagna elettorale il portato delle sue battaglie storiche e del suo percorso identitario. Sarà leale ma fortemente connotata, e del resto credo che sia questo, insieme al nostro radicamento territoriale, il valore aggiunto che possiamo portare alla lista e dunque all’intera coalizione di centrodestra”.
Non è una scelta al ribasso?
“Guardi, per non compiere scelte al ribasso abbiamo rischiato l’osso del collo. Credo che questo sia molto chiaro a chiunque mastichi un po’ di politica. Stretti tra l’esistente e l’impossibile, abbiamo realizzato il maggior risultato possibile nelle condizioni date”.
Perché la vostra identità non ha trovato spazio nel simbolo della lista?
“Mi sta chiedendo perché nel simbolo non compare la parola ‘Idea'”?
Esatto.
“E’ una scelta consapevole. In alto c’è la dicitura ‘Noi con l’Italia’, in basso lo scudo crociato. Il simbolo coniuga novità e tradizione e credo che possa rappresentare tutti, anche chi come noi ritiene che l’identità non sia un fatto grafico ma di sostanza politica. Se devo dirla tutta, non ho insistito perché il nome di ‘Idea’ comparisse nel simbolo. In qualche modo, questo ci darà la libertà di massimizzare il nostro contributo attraverso la nostra connotazione ‘creativa’ e le battaglie identitarie e per certi versi ‘avanguardiste’ che ci hanno sempre caratterizzato”.
Nel contenitore ci sono anche nomi per voi particolarmente scomodi. Come convivere sotto lo stesso tetto senza essere presi dagli elettori per persone poco serie?
“Non mi nascondo i problemi e so che ci sono alcune situazioni particolarmente difficili, ma i nostri dirigenti le hanno affrontate con una maturità, una lealtà e una linearità di cui si deve dar loro atto senza se e senza ma. La politica tuttavia è un’arte imprevedibile e affascinante, e proprio il successo del quarto polo, che è ingiustamente tacciato di ambiguità, potrà rendere la coalizione più forte e più rappresentativa e sarà l’assicurazione contro inciuci, trasformismi e larghe intese dopo il voto”.
In che modo?
“E’ semplice: numeri alla mano, solo un buon risultato della nostra lista potrà garantire al centrodestra l’autosufficienza numerica in Parlamento”.
Sta dicendo che l’unico motivo per votare la quarta gamba è far crescere i voti per la coalizione? Se è così non si farebbe prima a far convergere i voti sui partiti tradizionali?
“C’è una vasta platea di elettorato del centrodestra che non si riconosce nei partiti tradizionali, e le ultime tornate amministrative lo hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio. In molti casi, e anche in alcune situazioni molto rilevanti, a determinare la vittoria della coalizione è stato l’apporto determinante di forze civiche e movimenti esterni alle tre formazioni partitiche classiche. Riguardo alle elezioni nazionali, vorrei comunque specificare che il quarto polo, oltre a essere un valore aggiunto in termini numerici, è un elemento che rafforza la coalizione in quanto ne allarga la rappresentatività. Se, nella consapevolezza delle nostre differenze, saremo in grado di concentrarci pragmaticamente su alcuni punti qualificanti, potremo dare un contributo decisivo non solo per i numeri ma anche per l’apporto programmatico. E poi, diciamola tutta, la presenza di questa quarta lista è una garanzia del fatto che la vittoria che i nostri avversari sembrano intenzionati a regalarci verrà gestita nel segno della maturità di uno schieramento di governo”.
Lei insiste tanto sulla necessità che il centrodestra sia numericamente autosufficiente in Parlamento. Le larghe intese non le sembrano una prospettiva allettante?
“Qualunque cosa accada, qualsiasi sia il risultato elettorale, con il renzismo non sono possibili intese. Né larghe, né strette”.
Dunque?
“Dunque, numeri alla mano, una vittoria larga del centrodestra è l’unica possibilità che il nostro Paese ha di essere governato”.
Senatore Quagliariello, ci sono stati momenti nei quali l’unità del centrodestra sembrava un miraggio, e solo a parlarne si veniva presi per matti. Fra i pochi a correre questo rischio c’eravate lei e il senatore Altero Matteoli. Con le vostre rispettive fondazioni avete dato vita a iniziative all’epoca pressoché solitarie per dimostrare che l’unità della coalizione era possibile e che bisognava fare di tutto per perseguirla.
“La scomparsa di Altero è stata una perdita gravissima per chi ha avuto il privilegio di godere della sua amicizia, ma anche per l’intera politica italiana e soprattutto per il centrodestra che lui, con la sua passione, la sua competenza e le sue grandi doti umane, ha sempre lavorato per unire. Questa vittoria la dobbiamo al Paese, ma la dobbiamo anche a lui”.