Che è successo Giovedì 16 alla Camera.
Un piccolo gruppo di “valorosi” (non è autoincensamento, il copyright è di una giovane deputata piddina che ci ha concesso l’onore delle armi, Giuditta Pini) resiste strenuamente al tentativo di strozzare il dibattito sull’art.3 della legge sul cosiddetto testamento biologico. L’articolo 3 è il punto focale, il cuore della legge, perché regola le dichiarazioni anticipate di trattamento – che qui sono diventate, non a caso, “disposizioni” – toccando tutti gli aspetti cruciali della questione: idratazione e nutrizione, obbligo del medico di mettere in pratica le volontà del paziente, modalità con cui le Dat devono essere registrate, ecc.
La relatrice Donata Lenzi, del Pd, ha accettato un emendamento (firmato da una deputata dello stesso Pd, Maria Amato) che riformula interamente l’articolo 3, ma senza apportare cambiamenti significativi. In effetti, per fare le poche modifiche proposte dalla Amato, più che altro lessicali, non c’era alcuna necessità di un emendamento sostitutivo, che cioè sostituisse totalmente l’articolo 3. Sarebbero bastati un paio di brevi emendamenti ai singoli commi. Perché allora questa scelta? Semplice: in questo modo tutti gli altri emendamenti decadono, dato che l’articolo è sostituito in toto da un altro testo, anche se quasi identico. Con un banale espediente, dunque, sono eliminati 93 emendamenti su 102. Considerando che complessivamente gli emendamenti sono 280 (dopo la decurtazione imposta dei 3000 iniziali), un terzo degli emendamenti è cancellato. Insomma, si tratta di un tipico emendamento “canguro”. I parlamentari Pd, SI e 5Stelle rifiutano l’oltraggiosa definizione, io propongo quella di “leprotto”: canguro o leprotto, l’effetto è di saltare a piè pari la discussione e il voto degli emendamenti.
Il gruppetto trasversale dei cattolici non ci sta, e minaccia di abbandonare i lavori. Intanto, insieme all’on. Sisto, ex presidente della commissione Affari costituzionali, prepariamo un ricorso sull’ordine con cui gli emendamenti sono stati presentati. Non entro nei tecnicismi, ma il regolamento impone che gli emendamenti che si discostano meno dal testo di legge (e quello Amato si discosta pochissimo) devono essere votati per ultimi, dopo aver votato gli altri emendamenti. Si tratta di una regola importante, che garantisce l’opposizione.
Noi tutti firmiamo il ricorso, e chiediamo che la commissione sospenda i lavori in attesa che la Presidenza della Camera e la Giunta del regolamento valutino il ricorso e decidano chi ha ragione. Intanto c’è un momento di generale confusione, il presidente Marazziti propone una sospensione per decidere sulla questione del ricorso, il Pd però non la vuole; a Gigli, per la tensione, esce sangue dal naso, a questo punto il presidente propone cinque minuti di sospensione per consentirgli almeno di andare in bagno e di cercare del ghiaccio per fermare l’emorragia, ma mentre Gigli e Calabrò (che è medico e cerca di dare una mano) escono, i 5stelle protestano contro la sospensione (meglio lasciare il povero Gigli a sanguinare da solo, e che se la sbrighi lui). Il presidente innervosito decide di riprendere i lavori, la capogruppo Pd (la stessa Donata Lenzi) è perplessa visto che molti sono ancora fuori dall’aula e i commessi stanno cercando del ghiaccio, insomma, per un po’ non si capisce nulla.
Alla fine si riprendono i lavori, il presidente stabilisce di andare avanti senza attendere l’esito del ricorso. I deputati che ritengono che questo testo apra all’eutanasia, intervengono sull’emendamento Amato, ma poi abbandonano l’aula. Usciamo in cinque: io, Binetti, Calabrò, Gigli, Menorello, Pagano. E’ evidente che con il voto dell’art.3 si è deciso tutto, è inutile andare avanti con il rischio di far passare come normale il metodo adottato. Tutto è rimandato alla discussione in aula, che in teoria dovrebbe essere calendarizzata per il 27 febbraio, ma che verosimilmente slitterà a marzo. Vedremo cosa accadrà nelle prossime puntate.